impressioni

Orto: architettura temporanea sempre contemporanea

Circa un anno fa riflettevamo sul detto “l’orto vole l’omo morto” modificandolo secondo la nostra esperienza. Nell’interazione circolare tra teoria e pratica torniamo sul concetto: osservando i piccoli appezzamenti coltivati a mano intorno alla città si può notare come questi varino da giardini zen curati al limite dal maniacale a orti semi-selvaggi dove il selvatico si riaffaccia prorompente. Non esiste un tempo prestabilito, ognuno dedica il tempo che ha (o che vuole dedicare) al propri orto, secondo il proprio ritmo di vita o la propria tolleranza al selvatico che emerge di continuo tra le nostre piante coltivate. Coltivare insegna anche a ristabilire ogni volta il nostro equilibrio tra selvatico e coltivato, tra spontaneo e ricercato. In teoria una zappatina in più non farebbe male agli ortaggi che, specialmente in questa stagione, sono sempre circondati da “erbacce” e così in teoria l’orto assorbirebbe tutto il tempo che abbiamo libero. Da questo probabilmente deriva il detto che vuole l’ortolano sempre assorbito dal proprio lavoro se non ci fossero dei limiti temporali auto-imposti per questa faticosa, affascinate quanto necessaria attività!

Nella foto in copertina potete ammirare il nostro nuovo gazebo con la squadra degli ortolani/montatori di gazebi!

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